• Zampognaro
  • Liuteria
  • Arte e Artigianato
  • Le mie Origini
  • I miei Maestri
  • Zampognari Erranti
  • Gallery
  • Eventi
  • Amici Zampognari

Le mie Origini

› La storia

Esiste la folgorazione divina? La mia risposta è sì.
É accaduto una fredda sera del gennaio 2002: senza averla mai vista prima, né sentita né pensata, all’improvviso nella mia mente balenò la parola “zampogna”. Mai avrei immaginato che, poi, la mia vita non sarebbe più stata la stessa.

Scapoli tra le montagneIl 23 giugno del 2002 ero a Scapoli, un piccolo paese arroccato su un cocuzzolo fra le montagne sannitiche, in provincia di Isernia. Lì grazie ad internet avevo scoperto che c’erano gli ultimi costruttori di zampogne. C’era pure un Circolo della zampogna. Pensai ad una cameretta con vecchi zampognari riuniti per giocare a carte e ricordare gli anni della gioventù, i pascoli con le pecore e le capre, la solitudine, il vento, le verdi distese incontaminate, l’aria pura, la transumanza e i suoni delle zampogne. Invece scoprii che era la più grande associazione di zampognari, con oltre 500 soci in ogni parte del mondo.
Da oltre 20 anni organizzano un festival internazionale di zampogna, con artisti anche di livello mondiale. Insomma, il massimo per gli amanti di questo strumento musicale.

Gigi Rizzo ed il maestro Gerardo GuatieriAcquistai la mia prima zampogna da Gerardo Guatieri, il mito in persona, il maestro di tutti i maestri della zona, allora 82enne. Erano centinaia gli strumenti da lui costruiti, e i suoi primi clienti furono ovviamente i pastori che andavano per novene, che annualmente lo cercavano per la messa a punto dello strumento e per comprare le “pariglie di ance” da portarsi appresso come reliquie, perché senza di esse lo strumento non può suonare. Si costruiscono con canne raccolte in posti segreti, e dalla loro qualità deriva la bontà del suono. Queste le parole di Guatieri mentre mi consegnava lo strumento: “Ricorda che la zampogna è come una bella moglie: quando la sposi non la lasci più”. Lì per lì non capii il senso pieno di quella frase, ma poi ho capito: la zampogna ti attrae proprio come una bella donna, ne resti incantato.

La mia prima zampogna ed il maestro Gerardo Guatieri Sono state molte le difficoltà e le peripezie per imparare a conoscere e a suonare la zampogna, ma la volontà ha avuto il sopravvento sugli insuccessi; e alla fine sono stato premiato. Poi è stato un crescendo esponenziale.
Insieme alla zampogna, il maestro mi diede anche una “ciaramella” (una sorte di oboe popolare che suona la melodia, alla zampogna invece tocca l’accompagnamento). La ciaramella la diedi ad un mio amico suonatore di sax, Giuseppe Pinto, al quale dissi: “Prova con Tu scendi dalle stelle, io cercherò di fare lo stesso con la zampogna”. Eravamo all’oscuro di tutto. Di quegli strani strumenti sapevamo meno di nulla e, in aggiunta, non avevamo alcun referente.

› La ricerca

Ho fatto un giro di ricognizione, nei luoghi della tradizione zampognara, insieme a mia moglie Titti, che ha scattato molte foto e fatto molte riprese video mentre io rivolgevo le mie domande ai vecchi suonatori locali. Il suo contributo è stato prezioso e si è davvero sacrificata per accompagnarmi in luoghi freddi ed impervi. Poi Giuseppe Pinto ed io siamo stati in vari posti (Molise, Basilicata, Calabria, Campania e Sicilia), per parlare con quegli uomini che alcuni etnomusicologi avevano cercato, per ottenere delle registrazioni, negli anni ’70-’80.

Erano gli ultimi custodi di suonate arcaiche trasmesse solo oralmente. Ci dissero che dalle registrazioni avevano ricavato alcuni CD, ed è proprio da quelli che abbiamo imparato le nostre prime “passate” (cioè le suonate) di zampogna. Quei vecchi, ex pastori, furono onorati nel sentire che venivamo da così lontano. Ci invitarono a pranzo e ci parlarono dei tempi andati, di quando sui monti dei pastori “erano tutta una musica”.
Così ci disse Michele Strollo, classe 1924, di Colliano (Salerno), zampognaro dall’età di 10 anni. Ci raccontò che allora tutti avevano gli animali e quando li portavano al pascolo ognuno aveva con sé uno strumento: chi la zampogna, chi la ciaramella, chi l’organetto, chi il tamburello, chi i flauti di canna, e ogni pastorello imparava da quello più grande.

Questi racconti ci affascinarono, facendo accrescere l’amore per la zampogna e per il suo mondo. Ma la cosa che mai dimenticherò e che molto ha contribuito a fortificare il mio impegno per la zampogna, accadde a fine pranzo, dopo che Giuseppe ed io suonammo una novena.

La nostra prima uscita nel 2003Il vecchio zampognaro, che affettuosamente chiamavamo zi’ Michele, ci ascoltò con occhio vispo e in religioso silenzio, e alla fine del brano disse: “Gigio stai a ssentere, ci no vi scumbagnate, vuje massimo duje ann sit do profssor!”. “Eh, ma quali professori...” gli risposi. E Michele, di rimando: “Ve lo dic io!” e lo disse con la fierezza e l’orgoglio.
Quella profezia, quell’amorevole incitamento è stato per noi determinante, quelle parole non le abbiamo mai più dimenticate. E oggi posso dire, senza peccare di presunzione, che siamo la migliore coppia di zampognari esistente in Puglia, magari non sul piano strettamente tecnico-esecutivo, ma sul piano del rigore etnomusicale.
A detta degli anziani zampognari, il nostro modo di suonare è proprio quello di un tempo.

› La costruzione

La svolta più importante l’ho avuta quando ho comprato la mia seconda zampogna, da zi’Antonio Forastiero, classe 1930, il più famoso costruttore della vecchia generazione, nato e cresciuto sul monte Serino in Basilicata, nel comune di Lauria. Pastore, boscaiolo e agricoltore, Forastiero costruì la sua prima zampogna a 15 anni con un coltello, copiando una zampogna di Trimarco di Polla, che era chiamato “lo Stradivari delle zampogne”. Da allora non ha più smesso, e con suo fratello Vincenzo (1919) ha formato la coppia più longeva di suonatori in Italia. Ormai sono nella leggenda.
Ebbene, anche con questi personaggi ho avuto alcune frequentazioni, e nelle varie ore passate insieme ho in parte fatto mio, ascoltando i loro racconti, quel mondo fatto di suoni e di gesti semplici, di ballate, di povertà, di fatica, di gioia, di suonate mentre si falciava il grano, di suonate durante le processioni di Madonne nei santuari di montagna, di suonate tra le pecore, di sudore di allegria di mangiate e di bevute sull’aia. Un mondo ormai definitivamente scomparso.

Ho voluto cimentarmi a costruire, copiandola, la zampogna che avevo acquistato da zi’Antonio. È venuta perfetta, e per perfetta intendo non tanto l’estetica esterna quanto la bontà, la precisione e la potenza del suono. Poi ne ho fatta un’altra e poi un’altra ancora.

La nostra prima cartolinaMa solo per me: le mie zampogne sono come figli.
Girare per boschi alla ricerca del giusto pezzo di legno, trovarlo, portarlo a casa e tenerlo a stagionare per almeno due anni, poi tornirlo e farlo suonare, è una gestazione, è un’esperienza che dà una gioia immensa, una creatura che nessuna somma di denaro può ripagare. Ergo: non si vende!

Adesso mi chiamano molti giovani, dai posti più lontani. Vogliono imparare a costruire le zampogne, ed io li invito a venirmi a trovare, perché non sono geloso del mio sapere. Anche un ragazzo dalla provincia di Agrigento è venuto da me per imparare.
Sono felice, così la tradizione non va perduta. Io mi sento di dire che è più affascinante una zampogna fatta da un pastore con un pezzo di legno, un coltello e una pelle di capra, che qualsiasi oggetto tecnologico frutto della sinergia di centinaia di ingegneri, con investimenti di milioni di Euro e che dopo un mese è già vetusto, superato e che nessuno più compera perché il desiderio volge già ad un nuovo modello.

› L’esperienza umana

La mia esperienza umana come zampognaro è un capitolo a parte. Ne scriverò un libro? Chissà.
Sono tanti gli episodi, le storie di uomini, donne, vecchi e bambini. Ho incrociato i loro sguardi, ho visto le loro lacrime nelle quali c’era un sentimento di gioia e di antichi ricordi. Anch’io alcune volte mi sono scoperto a suonare in lacrime, con la gola che mi stringeva per la commozione.

Come siamo oggiNon è facile raccontare quelle emozioni, bisogna viverle.
Ho suonato in vicoli bui, in piazze famose, nelle chiese, in case di riposo e in ospedali, in castelli, fra le bancarelle dei mercatini natalizi, nei presepi viventi. Ebbene, in ognuno di questi luoghi il suono della mia zampogna ha portato un momento di sana e calda gioia che preannunciava l’arrivo della grande festa che per noi cristiani è il Natale; e tutto questo avviene allo stesso modo da secoli, con quattro pezzi di legno e un vello di capra.

Sì, il mio pensiero è che la zampogna, con il suo suono celestiale, sia uno strumento degno del Paradiso.

AAA Zampognari Offresi
  • › BIOGRAFIA
  • › HELP ZAMPOGNE
  • › VIDEO
  • › DICONO DI ME
  • › CURRICULUM
  • › LINK AMICI
  • › CONTATTAMI
  • Home
  • Zampognaro
  • Liuteria
  • Arte e Artigianato
  • Contatti
COPYRIGHT © 2011 GIGI RIZZO • WEB DESIGNER ANGELO BELVITO